Studio Legale Asssociato Corsinovi Mammana
L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), con la Delibera n. 337 del 9 settembre 2025, ha affrontato un caso di particolare rilievo in materia di tutela del whistleblower e di protezione contro le ritorsioni sul luogo di lavoro nel settore sanitario pubblico.
Il provvedimento rappresenta un’importante applicazione dell’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001, norma cardine del sistema di whistleblowing nella Pubblica Amministrazione, e fornisce indicazioni operative preziose per enti pubblici, aziende sanitarie e dirigenti.
La vicenda nasce dalla denuncia di un medico operante presso un reparto di chirurgia d’urgenza di una grande azienda sanitaria.
Il professionista, attraverso la piattaforma interna dedicata al whistleblowing, aveva segnalato presunte irregolarità nelle cosiddette “sale aggiuntive”, turni operatori extra che prevedevano compensi aggiuntivi. Secondo quanto riportato, le irregolarità consistevano nell’indicare nei referti operatori un numero di medici superiore a quello effettivamente presente, generando vantaggi economici indebiti.
A seguito di tali segnalazioni, il medico avrebbe subito una serie di misure ritorsive: esclusione da ambulatori specialistici, riduzione delle attività chirurgiche più complesse, assegnazioni a mansioni dequalificanti e mancata partecipazione a corsi di formazione avanzata.
Tutti elementi che, nel complesso, delineavano una condotta di emarginazione professionale.
Ricevuta la comunicazione di presunte ritorsioni, l’ANAC ha avviato un procedimento sanzionatorio nei confronti del direttore dell’unità operativa, presunto autore delle condotte discriminatorie.
Il dirigente, difeso da legali di fiducia, ha negato qualsiasi intento ritorsivo, sostenendo di non essere a conoscenza dell’identità del segnalante e di aver agito per motivi organizzativi legittimi e compatibili con le prescrizioni mediche del dipendente.
L’Autorità, tuttavia, ha ritenuto tali giustificazioni non idonee a superare la presunzione legale di ritorsività prevista dall’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001, secondo cui spetta all’amministrazione o al dirigente dimostrare che le misure adottate siano motivate da ragioni estranee alla segnalazione.
L’ANAC ha inoltre evidenziato la stretta correlazione temporale tra le segnalazioni e le decisioni organizzative contestate, nonché numerosi indizi di conoscenza dell’identità del segnalante da parte del superiore gerarchico.
Nel motivare la propria decisione, l’ANAC ha ribadito alcuni principi fondamentali in materia di whistleblowing e tutela del segnalante:
La decisione dell’ANAC conferma l’impegno dell’Autorità nel promuovere una cultura della legalità e della trasparenza nella Pubblica Amministrazione.
Il whistleblower non è un “delatore”, ma un alleato nella lotta contro la corruzione e le inefficienze.
La Delibera n. 337/2025 rappresenta un segnale forte: chi segnala illeciti deve essere tutelato, non isolato.
Per le amministrazioni e i dirigenti pubblici, il provvedimento costituisce un monito e un modello: ogni decisione che incide sulla posizione di un segnalante deve essere accuratamente motivata e documentata. In caso contrario, il rischio di incorrere in sanzioni ANAC e danni reputazionali è elevato.
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