La risposta è no, non può esservi l’obbligo ove questo derivi da un’impossibilità dell’amministrazione di effettuare un’adeguata vigilanza sui pasti somministrati e mettere a disposizione locali adeguati.
Il Consiglio di Stato sulle ragione del no al servizio mensa obbligatorio:
Il Consiglio di Stato, sez. VI, 8 aprile 2020, n. 2851, ha affermato che non può esser esclusa la possibilità del “panino da casa” con la generica motivazione della “mancanza di personale in esubero per la sorveglianza e all’assenza di luoghi mensa ulteriori rispetto a quelli normalmente utilizzati“.
“Tale motivazione non è adeguata, in quanto non considera la possibilità che la vigilanza venga svolta con il personale in servizio e che il pasto domestico possa essere consumato negli stessi luoghi della mensa, in quanto l’autorefezione non comporta – di necessità – una modalità solitaria di consumazione del pasto, dovendosi, per quanto possibile, garantire, da parte dell’Amministrazione scolastica, la consumazione dei pasti degli studenti in un tempo condiviso che favorisca la loro socializzazione“.
La vicenda fattuale e il ricorso al TAR: panino da casa o servizio mensa obbligatorio?
Nel caso oggetto della presente sentenza, il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla legittimità di un provvedimento dell’Istituto scolastico che ha disposto il servizio mensa obbligatorio, escludendo la possibilità di consumazione del pasto domestico mediante autorefezione.
I genitori di un’alunna, ritenendo illegittimo tale provvedimento, hanno proposto ricorso al TAR competente il quale ha accolto l’istanza presentata dai ricorrenti e ha annullato gli atti impugnati. La sentenza di primo grado è stata impugnata, mediante due separati appelli (poi riuniti) dalla società che gestisce il servizio e dall’Istituto scolastico interessato.
Al riguardo, il Consiglio di Stato ha osservato che “la materia relativa alla possibilità per gli alunni di istituzioni scolastiche di consumare il cd. pasto domestico non è disciplinata espressamente dal legislatore, rendendo illegittimo il servizio mensa obbligatorio“.
“Il servizio mensa è compreso nel “tempo scuola” «perchè esso condivide le finalità educative proprie del progetto formativo scolastico di cui esso è parte, come evidenziato dalla ulteriore funzione cui detto servizio assolve, di educazione all’alimentazione» (Cass. civ., sez. un., 30 luglio 2019, n. 20504).
Tale servizio, inserendosi nell’ambito delle prestazioni scolastiche, costituisce un servizio pubblico reso agli utenti.
Dal punto di vista dell’amministrazione, essa è titolare di un potere pubblico di rilevanza organizzativa afferente alle modalità di erogazione del servizio pubblico, comprensivo del servizio di mensa.
Dal punto di vista degli alunni, essi sono titolari non di un «diritto soggettivo perfetto e incondizionato all’autorefezione, durante l’orario della mensa» (Cass. civ., sez. un., n. 20504 del 2019) ma di un interesse legittimo (Cons. Stato, sez. VI, 5 ottobre 2020, n. 5839) avente ad oggetto un comportamento dell’amministrazione che deve rispettare le condizioni e i limiti di esercizio del potere. Il bene della vita cui tende il privato è la possibilità di ricorrere al “pasto domestico”.
Il rapporto giuridico così ricostruito è regolato dai principi generali e dalle norme di diritto pubblico e di diritto privato.
In particolare, i principi e le norme di diritto pubblico conferiscono un potere discrezionale: l’amministrazione, nel rispetto del principio di proporzionalità, deve adottare la decisione finale che tuteli l’interesse pubblico in modo necessario, adeguato e proporzionato in senso stretto rispetto alla posizione soggettiva del privato (Cons. Stato, sez. VI, ord. 30 novembre 2020, n. 6926).
Un ruolo fondamentale svolgono, pertanto, la partecipazione procedimentale (valorizzata anche dalla citata sentenza n. 20504 del 2019 della Cassazione), l’istruttoria e la motivazione adeguata.
La soluzione preclusiva al cd. pasto domestico non può derivare, come sostenuto dagli appellanti, dalla impossibilità di effettuare una adeguata vigilanza per evitare contaminazione di cibi e rischi per la salute.“
I dati personali in relazione al servizio mensa
Una volta inquadrata la mensa come “servizio pubblico” nell’ambito delle attività scolastiche è importante tenere presente le conseguenze anche con riferimento al regime del “trattamento dei dati personali” in quanto l’erogazione del suddetto servizio implica il trattamento di dati personali anche di “categorie particolari” (sanitari, religiosi, filosofici etc..).
Come noto, il trattamento di dati di “categorie particolari” è ammesso unicamente in presenza di una delle “condizioni di liceità” di cui all’art. 9 del GDPR (ad esempio il consenso prestato dall’interessato). Nel caso di specie, il servizio mensa costituisce un servizio pubblico per cui la condizione di liceità che legittima il trattamento dei dati personali è rappresentata dall’interesse pubblico rilevante previsto all’art. 9, par. 2 lett. g, GDPR. Da quanto detto ne deriva che la scuola non ha bisogno del consenso dell’interessato per trattare i dati anche di categoria particolare di cui all’art. 9 del GDPR.
L’art. 2-sexies (Trattamento di categorie particolari di dati personali necessario per motivi di interesse pubblico rilevante), comma 2, del Codice della Privacy chiarisce che: “si considera rilevante l’interesse pubblico relativo a trattamenti effettuati da soggetti che svolgono compiti di interesse pubblico o connessi all’esercizio di pubblici poteri nelle seguenti materie: bb) istruzione e formazione in ambito scolastico, professionale, superiore o universitario”.
Pertanto, la modulistica da sottoporre ai genitori dovrà contenere l’informativa relativa al trattamento dei dati ma non dovrà prevedere l’acquisizione del consenso.
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