È stata presentata una richiesta di accesso civico – ai sensi dell’art. 5 comma 2, del d.lgs. n. 33/2013 – avente ad oggetto “l’elenco nominativo dei 61 candidati ammessi alla prova preselettiva individuati mediante ID Domanda, completo di nome, cognome e indirizzo, comune di provenienza e indirizzo di posta elettronica” relativi al “Concorso pubblico per l’assunzione a tempo pieno e indeterminato di un Dirigente Tecnico da assegnare al Settore Ambiente e Patrimonio” indetto da una Provincia.
La risposta dell’Amministrazione
L’Amministrazione ha rifiutato l’accesso civico in quanto lo stesso riguarderebbe: “dati non soggetti alle ipotesi previste dall’accesso civico generalizzato ex D.lgs. 33/2013” e che “per la natura dei dati personali coinvolti e del regime di pubblicità delle informazioni, non era possibile accogliere l’istanza”.
Di fronte al rifiuto dell’Amministrazione, il richiedente l’accesso civico ha presentato una richiesta di riesame del provvedimento di diniego al RPCT della Provincia, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d.lgs. n. 33/2013, ritenendolo non legittimo e insistendo sulle proprie richieste.
Gli obblighi di pubblicazione
La normativa statale in materia di trasparenza prevede che le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di pubblicare, ai sensi dell’art. 19, comma 1, del d.lgs 33/2013: “ (…) i bandi di concorso per il reclutamento, a qualsiasi titolo, di personale presso l’amministrazione, nonché i criteri di valutazione delle Commissione le tracce delle prove scritte.”
Con particolare riferimento agli enti locali, la disciplina di settore prevede la pubblicazione della graduatoria dei vincitori nell’albo pretorio dell’ente (art. 15, commi 5, 6 e 6-bis, del d.P.R. n. 487 del 9/5/1994).
Il Garante, in relazione alla pubblicità degli esiti delle prove concorsuali e delle graduatorie finali di concorsi ha sempre evidenziato, dal 2014, che sussistono delle normative di settore che ne regolano tempi e forme di pubblicità.
Questa normativa serve a far sì che siano rese pubbliche le decisioni adottate dalla commissione esaminatrice e/o dall’ente pubblico procedente, anche al fine di consentire agli interessati l’attivazione delle forme di tutela dei propri diritti e di controllo della legittimità delle procedure concorsuali o selettive.
Devono essere diffusi i soli dati pertinenti e non eccedenti riferiti agli interessati.
Pertanto, non posso formare oggetto di pubblicazione dati concernenti i recapiti degli interessati.
A differenza dei soggetti risultanti vincitori, la normativa in materia di trasparenza non prevede obblighi di pubblicità dei dati personali riferiti ai singoli partecipanti al concorso pubblico.
Il Garante è intervenuto più di una volta su reclamo dei soggetti interessati, sanzionando gli enti locali che avevano diffuso anche i nomi di concorrenti non vincitori, non ammessi o che si sono ritirati dal concorso, in assenza di idonei presupposti normativi.
I limiti all’accesso civico
La normativa prevista dal d.lgs. 33/2013 sancisce che l’accesso è in ogni caso rifiutato quando “il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia”.
Nel caso di specie, la Provincia, ha sì negato l’accesso ma limitandosi a fornire al richiedente una risposta generica, sostenendo che i dati richiesti non erano “soggetti alle ipotesi previste dall’accesso generalizzato ex d.lgs. 33/2013”.
Questa motivazione, però, non consente di comprendere le effettive ragioni che hanno spinto l’Amministrazione a rifiutare la richiesta di accesso e perché l’accesso se concesso avrebbe potuto determinare un pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali.
Secondo anche quanto previsto dalle Linee Guida dell’Anac in materia di accesso civico, l’Amministrazione è tenuta a una congrua e completa motivazione.
Inoltre, va ricordato che i dati e i documenti che si ricevono a seguito di un’istanza di accesso civico a differenza di quelli a cui si è avuto accesso ai sensi della legge 241 del 1990, divengono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7.
Proprio per questo motivo, va valutata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso ai documenti, o alle informazioni, richiesti.
In ogni caso, devono essere rispettati i principi del RGPD di “limitazione della finalità” e di “minimizzazione dei dati”, in base ai quali i dati personali devono essere “raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità” (art. 5, par. 1, lett. b e c).
Il parere del Garante
Un eventuale riconoscimento di un accesso civico agli ulteriori dati personali dei partecipanti al concorso richiesti, unito alla generale conoscenza e al particolare regime di pubblicità dei dati oggetto di accesso civico, può effettivamente arrecare ai soggetti interessati, proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d.lgs. 33/2013.
Nel caso specifico, i partecipanti al concorso dovevano possedere il requisito di essere dipendenti della p.a. con posizione organizzativa, dirigenti anche nel settore privato o professionisti.
In un tale contesto, la generale conoscenza della partecipazione al concorso e la volontà di cambiare ruolo o amministrazione di appartenenza può determinare conseguenze sul livello professionale e relazionale.
Infine, l’ostensione di dati quali indirizzo e posta elettronica, potrebbe favorire il verificarsi di eventuali furti d’identità o di creazione di identità fittizie attraverso le quali esercitare attività fraudolente.
Riconoscere l’eventuale accesso civico generalizzato costituirebbe una violazione dei principi del RGPD di limitazione della finalità e di minimizzazione dei dati.
Il Garante, per i motivi sopra esposti, concorda con il diniego opposto dalla Provincia alla richiesta di accesso civico.