Il Garante Privacy con il parere n. 130 del 10 Marzo 2025 torna a pronunciarsi sull’accesso civico ai dati relativi alla presenza dei lavoratori sul luogo di lavoro.
Alla luce dell’orientamento già delineato in materia, il Garante torna a ribadire che l’ostensione dei dati relativi alle presenze e assenze dei lavoratori sul luogo di lavoro deve essere negata a fronte di possibili ripercussioni sulla sicurezza e sulla sfera personale dello stesso lavoratore, esponendolo al rischio di utilizzi illeciti da parte di soggetti terzi estranei.
Il caso sottoposto al Garante
Il Garante si è pronunciato in merito ad una richiesta di parere formulata dal Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) di un’azienda sanitaria avente ad oggetto un provvedimento di diniego di un’istanza di accesso civico generalizzato.
Nello specifico, il soggetto istante chiedeva copia dei dati relativi alla presenza sul luogo di lavoro di un dipendente.
Data la natura sensibile dei dati in questione, il RPCT aveva coinvolto nel procedimento il controinteressato, che si è opposto sostenendo che l’istanza non fosse motivata da finalità di trasparenza pubblica e che la diffusione dei dati avrebbe potuto arrecare un grave pregiudizio alla propria sfera personale e professionale.
Disciplina in materia di trasparenza
La disciplina statale in materia di trasparenza contenuta nel d. lgs. 14 marzo 2013, n. 33 recante “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, nel delineare il regime di trasparenza non prevede obblighi di pubblicazione o di conoscibilità delle presenze dei singoli dipendenti, fatta eccezione per i dati relativi ai tassi di assenza del personale, purché pubblicati in forma aggregata e privi di dati personali.
L’art. 5 bis della norma in questione esclude l’accesso nei casi in cui sia necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali, in conformità con quanto previsto dalla disciplina legislativa in materia.
Il Garante, richiamando quanto affermato anche dalla sentenza del TAR Abruzzo-Pescara n. 89 del 06 marzo 2020, precisa che “i dati relativi agli orari di lavoro, permessi e assenze per malattia (anche se epurati dalla descrizione del tipo di malattia) sono sottratti all’accesso civico generalizzato e come tali non sono pubblici ma riservati, in quanto la loro conoscenza indiscriminata appare idonea a recare astrattamente un pregiudizio agli interessati, trattandosi di dati che disvelano le abitudini di vita del soggetto interessato”.
Essendo le informazioni in oggetto incentrate su aspetti strettamente connessi alla vita lavorativa e privata del soggetto, quali la presenza giornaliera sul posto di lavoro e le abitudini quotidiane, la conoscenza generalizzata di tali dati da parte di terzi potrebbe comportare un’interferenza sproporzionata e ingiustificata nei diritti e nelle libertà fondamentali del lavoratore.
Conclusioni
Alla luce del quadro delineato, deve escludersi la possibilità di un accesso generalizzato a dati caratterizzati da una natura così sensibile e strettamente personale, anche in considerazione dell’ampio regime di pubblicità che connota l’accesso civico generalizzato. In ragione di questo, il pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali del soggetto controinteressato non giustifica il ricorso alle forme di controllo sulla trasparenza pubblica previsto dal d. lgs. 33 del 2013.
Tuttavia, il Garante non esclude del tutto l’ostensione dei dati in questione, ritenendo praticabile il ricorso all’istituto dell’accesso ai documenti amministrativi, così come disciplinato dalla Legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo, qualora l’istante dimostri di essere titolare di un interesse diretto, concreto e attuale che corrisponda ad una situazione giuridicamente tutelata.
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