Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 9849 del 16 novembre 2023, ha confermato il dinego dell’Agenzia Industrie Difesa ad un’istanza di accesso civico generalizzato relativo a documenti riguardanti sicurezza pubblica, difesa, questioni militari e relazioni internazionali.
Oggetto dell’istanza di accesso civico generalizzato
Il direttore di una rivista giornalistica ha proposto una istanza di accesso civico generalizzato all’ AID, Agenzia Industrie Difesa, avente ad oggetto gli atti dell’Accordo di collaborazione stipulato tra la stessa Agenzia Industrie Difesa e la Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno.
Ragioni del dinego
L’Agenzia Industrie Difesa ha negato l’accesso, specificando che l’istanza di accesso civico era relativa a documenti non ostensibili per i motivi di sicurezza, difesa e relazioni internazionali ai sensi dell’art. 5 bis comma 1 lett. a), c), d) del D.lgs 33/2013, ossia la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico, la difesa e le questioni militari, le relazioni internazionali.
Inoltre, il diniego era basato sulla previsione del Decreto del Ministero dell’Interno datato 16/03/2022. La norma in questione all’art. 2 comma 1 lett. d), prevede un elenco di documenti sottratti all’accesso tra i quali sono ricompresi quelli “relativi agli accordi intergovernativi di cooperazione e le intese tecniche stipulati per la realizzazione di programmi militari di sviluppo, di approvvigionamento e/o supporto comune o di programmi per la collaborazione internazionale di polizia, nonché quelli relativi ad intese tecnico-operative per la cooperazione internazionale di polizia inclusa la gestione delle frontiere e dell’immigrazione”.
Il ricorso
Avverso il provvedimento di dinego è stato proposto ricorso innanzi al TAR Lazio il quale ha respinto il ricorso affermando che l’Agenzia Industrie Difesa avesse correttamente escluso l’accesso in quanto afferente a documenti categoricamente sottratti all’esibizione, in base a disposizioni normative.
Contro la sentenza di primo grado è stato proposto appello avanti al Consiglio di Stato.
Il quadro giuridico di riferimento individuato dal Consiglio di Stato
L’accesso civico generalizzato costituisce un diritto fondamentale, come affermato nella Costituzione, nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e nella CEDU. L’accesso civico si traduce nel diritto del cittadino alla conoscenza di dati e decisioni delle amministrazioni al fine di consentire la partecipazione al dibattito pubblico e “democratico” e rendere possibile un “controllo” sul loro operato.
L’art. 5, comma 2, d.lgs n. 33/2013 stabilisce che “ Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis.”.
L’accesso civico consente al cittadino di visionare ed estrarre copia cartacea o informatica di atti “ulteriori” rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria non occorre che la richiesta di accesso sia supportata da idonea motivazione, come invece è previsto per l’accesso documentale.
Il diritto all’accesso civico, “right to know”, elevato a rango di diritto fondamentale, non è di conseguenza limitabile se non per ragioni di riservatezza espressamente previste dalla legge. Per cui l’amministrazione può negare l’ostensione di documenti oggetto di istanza di accesso civico esclusivamente per esigenze di tutela di interessi individuati dall’art. 5 bis d.lgs n. 33/2013. L’art. 5 bis, in particolare, prevede che “L’accesso civico di cui all’articolo 5 comma 2, è rifiutato per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a:
a) la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico;
b) la sicurezza nazionale;
c) la difesa e le questioni militari;
d) le relazioni internazionali;
e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato;
f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento;
g) il regolare svolgimento di attività ispettive”.
Il Consiglio di Stato precisa come nell’accesso esoprocedimentale, in cui è necessaria la dimostrazione della titolarità di una situazione giuridica legittimante, le norme, nel bilanciamento con le contrastanti esigenze di riservatezza, sanciscono la prevalenza dell’interesse conoscitivo difensivo. Nell’accesso civico generalizzato, al contrario, all’ampliamento della platea dei soggetti che possono avvalersene corrisponde invece un “maggior rigore normativo nella previsione delle eccezioni poste a tutela dei contro-interessi pubblici e privati”.
La sentenza del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che il provvedimento di diniego all’accesso fosse fondato su due ragioni distinte e autosufficienti e conformi alla normativa in materia:
1) il rigetto si basava sulla previsione del D.lgs 33/2013 che all’art. 5 bis prevedeva l’esclusione dell’ostensione dei documenti oggetto dell’istanza;
2) Inoltre, il dinego era sostenuto dal Decreto del Ministero dell’Interno del 16/03/2022 che elenca una serie di documenti sottratti all’accesso tra cui i documenti oggetto di istanza.
L’istanza di accesso, in quanto afferente a documenti categoricamente sottratti all’esibizione in base a disposizioni normative specifiche rende corretto il provvedimento di diniego. La motivazione addotta dalla Direzione dell’Agenzia Industrie Difesa, inoltre, correttamente specifica il pregiudizio concreto che potrebbe derivare all’interesse pubblico all’ostensione del documento. Per queste ragioni il Consiglio di Stato ha respinto l’appello e ha confermato la fondatezza del dinego.
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