Consiglio di Stato, sez. V, 2 marzo 2021 n. 1779
Nella recente sentenza il Consiglio di Stato è tornato a pronunciarsi sul tema dei limiti del diritto di accesso agli atti confermando che:
- il diniego di accesso non impugnato tempestivamente comporta l’impossibilità di reiterare la richiesta di accesso in assenza di elementi nuovi, diversi o sopravvenuti e l’impossibilità impugnare di impugnare il provvedimento meramente confermativo;
- la richiesta di prendere visione ed estrarre copia dei provvedimenti riguardanti le gare svolte in precedenza da una stazione appaltante, allo scopo di individuare gli operatori invitati, è inammissibile ai sensi dell’art. 24, comma 3, Legge 241/1990.
I fatti che hanno dato origine alla pronuncia del Consiglio di Stato sui limiti all’accesso agli atti
La sentenza ha preso avvio dal rigetto di un’istanza di accesso agli atti in cui un operatore economico chiedeva di prendere visione ed estrarre copia dei provvedimenti riguardanti le gare svolte in precedenza da una stazione appaltante, allo scopo di individuare gli operatori invitati. Il ricorrente, dopo il rigetto (mai impugnato) di una prima istanza di accesso, aveva presentato, oltre sei mesi dopo, senza successo, una seconda, identica richiesta che era stata anch’essa rigettata dall’Amministrazione facendo riferimento al precedente provvedimento di diniego.
Ritenendo illegittimo il respingimento dell’istanza di accesso, il ricorrente ha proposto ricorso contro il secondo provvedimento di diniego tuttavia l’impugnazione è stata rigettata, per le ragioni che si vedranno, sia in primo che in secondo grado.
È inammissibile reiterare l’istanza di accesso agli atti in assenza di elementi nuovi
Dalla recente pronuncia del Consiglio di Stato emerge che, anche in materia di accesso agli atti, la mancata impugnazione del diniego nel termine impedisce la reiterabilità della medesima istanza e l’impugnazione del successivo provvedimento di diniego “laddove a questo possa riconoscersi carattere meramente confermativo del primo”.
Nel caso di specie, la seconda istanza di accesso agli atti si distingueva dalla prima unicamente per il profilo temporale più ampio della richiesta in quanto si richiedeva l’ostensione degli atti di gara relativi non solo con riferimento “all’anno 2019, ma anche con una “retrodatazione” al 2014”. La mera modificazione del profilo temporale, ha sottolineato il Consiglio di Stato, non è riconducibile all’ambito dei “fatti nuovi” né costituisce una “diversa prospettazione della legittimazione all’accesso” per cui è legittimo che l’amministrazione, senza disporre una nuova istruttoria, si sia limitata ad una “mera conferma” del precedente provvedimento di rigetto.
L’impugnabilità del diniego meramente confermativo
Il fatto che l’Amministrazione abbia respinto la seconda istanza di accesso agli atti limitandosi a richiamare il contenuto di un precedente provvedimento, senza alcuna nuova istruttoria o nuova valutazione degli elementi di fatto o di diritto, implica la natura meramente confermativa del secondo provvedimento.
L’atto meramente confermativo, a differenza della “conferma”, che consegue ad un completo riesame della fattispecie e ad una nuova valutazione, all’esito dei quali si adotta un nuovo atto di contenuto identico a quello originario, è privo di un’efficacia lesiva propria per cui non è autonomamente impugnabile. Ciò comporta che “ il cittadino potrà reiterare l’istanza di accesso e pretendere riscontro alla stessa in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell’originaria istanza o anche a fronte di una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante all’accesso; e, in tal caso, l’originario diniego, da intendere sempre rebus sic stantibus, ancorché non ritualmente impugnato, non spiegherà alcun rilievo nella successiva vicenda procedimentale e processuale” Tar. Abruzzo, sez. I, 14 gennaio 2020 n. 15.
L’inammissibilità del c.d. accesso esplorativo
Al di là del profilo di inammissibilità procedurale, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la richiesta di accesso agli atti presentata dal ricorrente inammissibile anche dal punto di vista sostanziale.
Nello specifico il ricorrente aveva chiesto di “prendere visione ed estrarre copia degli atti e provvedimenti preliminari adottati con riguardo alle gare sopra e sotto soglia di € 40.000,00 indette per il periodo 2014-2019 ai fini della individuazione degli operatori economici da invitare a ciascuna delle procedure indette, e degli inviti spediti a ciascuno degli operatori economici in relazione a ciascuna procedura”. La Corte ha ritenuto che il rigetto della suddetta istanza fosse legittimo in quanto la richiesta, oltre ad essere generica, riguardava un perimetro temporale dilatato ed eccessivamente esteso di dati e finiva per tradursi in una richiesta di accesso di tipo esplorativo.
L’art. 24, comma 3, della legge n. 241/1990, volendo contemperare l’interesse alla conoscenza dei documenti con “quello dell’amministrazione a non subire eccessivi intralci nella propria attività gestoria”, prevede l’inammissibilità delle istanze volte a “verificare eventuali e non ancora definite forme di lesione della sfera dei privati”.
L’accoglimento della richiesta di accesso agli atti presentata dal ricorrente “avrebbe comportato un’attività di ricognizione non esigibile dall’amministrazione, cui non può essere imposto un onere di ricerca dei documenti utili al richiedente attraverso la selezione e l’indagine del relativo contenuto”.