Il Consiglio di Stato con il parere n. 630 del 21 marzo 2022 ha stabilito che: “alle fabbricerie che rispondano alle due condizioni richieste dall’art. 2-bis, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013, ossia abbiano un bilancio superiore a 500.000 euro e amministrino beni di proprietà del FEC o di altre pubbliche amministrazioni, si applicano gli obblighi di trasparenza previsti dal d.lgs. n. 33 del 2013, limitatamente alle attività di tutela, conservazione, gestione, valorizzazione e fruizione di tali beni, perciò stesso qualificabili anche come attività di pubblico interesse”.
La fabbriceria
Le fabbricerie, organismi di antichissima origine deputati all’amministrazione degli edifici di culto e del loro patrimonio, già oggetto di differenti discipline istitutive in molti Stati preunitari, furono tra gli enti conservati dalle cosiddette leggi eversive e, segnatamente, dalla l. 15 agosto 1867, n. 3848, “Per la liquidazione dell’asse ecclesiastico”. Regolate, in seguito ai Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929, dalla l. 27 maggio 1929, n. 848, recante “Disposizioni sugli Enti ecclesiastici e sulle Amministrazioni civili dei patrimoni destinati a fini di culto”, trovano la loro ultima disciplina nella l. 20 maggio 1985, n.222, “Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi”, di esecuzione del Protocollo tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, in materia patrimoniale e finanziaria, firmato dalle parti il 15 novembre 1984, nell’ambito dell’Accordo di revisione del Concordato Lateranense del 18 febbraio 1984. Altre disposizioni sono ad esse dedicate dal regolamento di esecuzione della legge, adottato con d.P.R. 13 febbraio 1987, n.33 e succ. mod. La disciplina più recente è contenuta nella l. n. 222 del 1985 e, segnatamente, del d.P.R. n. 33 del 1987. La l. n. 222 del 1985 se ne occupa nel solo art. 72 ove appunto si stabilisce che “Le fabbricerie esistenti continuano ad essere disciplinate dagli articoli 15 e 16 della legge 27 maggio 1929, n. 848, e dalle altre disposizioni che le riguardano”, e che gli articoli ad esse dedicati dai regolamenti che si sono succeduti “restano applicabili fino all’entrata in vigore delle disposizioni per l’attuazione delle presenti norme”. Nel comma 2, si aggiunge che “Entro il 31 dicembre 1989, previa intesa tra la Conferenza episcopale italiana e il Ministro dell’interno, con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato, può essere disposta la soppressione di fabbricerie anche fuori dei casi previsti dalle disposizioni vigenti”. Si deve invece al regolamento di esecuzione, adottato con d.P.R. n. 33 del 1987, la definizione del loro assetto, laddove nell’art. 35 si precisa che: “Le fabbricerie delle chiese cattedrali e di quelle dichiarate di rilevante interesse storico o artistico sono composte da sette membri, nominati per un triennio, due dal vescovo diocesano e cinque dal Ministro dell’interno sentito il vescovo stesso” e sono “rette da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell’interno, sentito il vescovo diocesano”, mentre “le altre fabbricerie sono composte dal parroco o rettore della chiesa e da altri quattro membri nominati per un triennio dal prefetto, d’intesa con il vescovo diocesano […] rette da un proprio regolamento approvato dal prefetto sentito il vescovo diocesano”. Quanto al Presidente, si specifica che sia “eletto tra i membri della fabbriceria a norma dello statuto o regolamento […]” e nominato con decreto del Ministro dell’interno o del prefetto, secondo la precedente distinzione.
L’oggetto del parere
Il Ministero dell’Interno-Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, ha chiesto al Consiglio di Stato un parere in merito all’applicabilità alle fabbricerie della normativa anticorruzione, e segnatamente dell’art. 24 bis (“Obblighi di trasparenza per le pubbliche amministrazioni”) del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114.
Il Consiglio di Stato, data la materia oggetto del quesito, ha ritenuto necessario acquisire anche: “l’apporto dei soggetti sui quali la corretta interpretazione della normativa di riferimento viene ad incidere”, ovvero all’Anac.
Il contributo di Anac
L’Autorità ha evidenziato che, in ragione delle modifiche legislative apportate, con particolare riferimento all’ambito soggettivo di applicazione della normativa, dal d.lgs. n. 97/2016 al d.lgs. n. 33 del 2013 e alla l. n. 190 del 2012, le fabbricerie non possono farsi rientrare tra i soggetti assimilati alle società in controllo pubblico, mancando in esse i requisiti a tal fine richiesti dal novellato art. 2-bis, comma 2, lett. c), del d.lgs, n.33 del 2013, segnatamente la condizione della totalità dei titolari o dei componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo designata da pubbliche amministrazioni.
Di conseguenza, le fabbricerie, nella valutazione resa da Anac, non devono intendersi sottoposte ai pregnanti obblighi di trasparenza previsti per i soggetti assimilati alle società in controllo pubblico.
In particolare, le modifiche apportate dal d.lgs. n. 97 del 2016, con l’introduzione dell’art.1, comma 2-bis nella l. n. 190 del 2012, inducono a concludere che per le fabbricerie sia venuto meno l’obbligo di nominare il responsabile dell’anticorruzione e di predisporre, in conformità al Piano Nazionale Anticorruzione, il Piano triennale di prevenzione della Corruzione o il Modello di Organizzazione e gestione (Mog), di cui al d.lgs. 8 giugno 2001, n.231.
Le fabbricerie, a giudizio di Anac, potrebbero semmai rientrare nel novero dei soggetti di cui all’art.2-bis, comma 3, del d.lgs. n.33 del 2013, ove si prevede che gli obblighi di trasparenza si applichino, “in quanto compatibili” e “limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse”, a un insieme di soggetti considerati alla stregua delle società partecipate non in controllo e, in particolare, per quanto interessa ai fini del caso in esame, “alle associazioni, fondazioni e agli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore ai 500.000 euro, che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici”.
La decisione
Con riferimento alle fabbricerie l’esistenza di un bilancio superiore a 500.000 euro non appare ad Anac di facile accertamento, in base alle informazioni disponibili, tanto ad indurla a ritenere che la verifica, in concreto, possa essere effettuata, caso per caso, solo dal Ministero dell’Interno.
Per quanto concerne l’altro requisito, riferito all’attività svolta, evidenzia, pur con riferimento alla sola Opera di Santa Croce di Firenze che, a norma di statuto, essa gestisce e valorizza, per conto degli enti proprietari (Fec – Fondo Edifici di Culto e Comune di Firenze), il complesso monumentale di Santa Croce, e svolge altri compiti che, nel Ptpc e nell’art. 2 dello statuto, sono espressamente qualificati come attività di pubblico interesse.
Dunque, Anac ritiene sussista, nel caso, la condizione dello svolgimento di attività di pubblico interesse, ovvero di attività rese in favore di pubbliche amministrazioni, tenendo conto che essa concorre al perseguimento delle finalità cui è preposto il FEC, in veste di proprietario dei beni.
Quindi, alla luce del contributo di Anac, alle fabbricerie che rispondano alle due condizioni richieste dall’art. 2-bis, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013, ossia abbiano un bilancio superiore a 500.000 euro e amministrino beni di proprietà del FEC o di altre pubbliche amministrazioni, si applicano gli obblighi di trasparenza previsti dal d.lgs. n. 33 del 2013, limitatamente alle attività di tutela, conservazione, gestione, valorizzazione e fruizione di tali beni, perciò stesso qualificabili anche come attività di pubblico interesse