Una Società ha impugnato e chiesto l’annullamento del provvedimento emesso dall’Agenzia nazionale per l’attuazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa con cui gli è stato parzialmente negato l’accesso agli atti amministrativi di una procedura di gara a cui aveva partecipato.
Sulla questione si è pronunciato il TAR Lazio Sez. IV con la sentenza 16997/2023 pubblicata il 14/11/2023.
Fatto
La Società in questione aveva partecipato ad una procedura per l’assegnazione di agevolazioni finanziarie, nella graduatoria si era collocata in un primo memento quindicesima e successivamente nella graduatoria consolidata era risultata sedicesima.
La Società aveva fatto richiesta di accesso agli atti della procedura relativamente ad alcune specifiche domande presentate da altri operatori economici che la precedevano nella graduatoria. La Società ha motivato l’istanza di accesso in vista dell’eventuale difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di valutazione in oggetto, precisando che “la conoscenza e l’acquisizione di copia dei documenti indicati è essenziale per verificare la legittimità dell’iter seguito dall’Agenzia e, più in generale, alle modalità di attribuzione dei punteggi tecnici e alla verifica della completezza della documentazione presentata dagli altri concorrenti e per l’eventuale tutela delle proprie posizioni giuridiche in sede giurisdizionale”.
L’Agenzia ha negato l’accesso alla documentazione che riguardava i concorrenti che si erano collocati nei primi posti della graduatoria sostenendo che la Società non avesse un interesse diretto, concreto ed attuale che consenta di ritenere l’ostensione idonea a spiegare effetti diritti nei suoi confronti. L’Agenzia ha invece accolto l’istanza di accesso alla documentazione dei concorrenti che si trovavano vicine in graduatoria alla richiedente.
La Società ha proposto ricorso innanzi al TAR per l’annullamento di tale provvedimento in cui gli era stato parzialmente negato l’accesso agli atti amministrativi.
La sentenza del TAR Lazio
Il TAR nella sentenza ha ripercorso l’orientamento del Consiglio di Stato in materia di accesso difensivo.
A tal proposito il Consiglio ha affermato la necessaria strumentalità fra accessibilità dei documenti amministrativi e le esigenze di tutela che si traduce in un onere aggravato sul piano probatorio che grava sulla parte interessata all’accesso ai documenti per la cura o la difesa dei propri interessi. Per questo motivo non può ritenersi sufficiente un “un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie difensive (…) poiché l’ostensione del documento passa attraverso un rigoroso vaglio circa l’appena descritto nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale controversa”.
Dunque, si deduce come l’accesso legato strettamente all’esigenza di difesa in giudizio implica una tutela più restrittiva di quella dell’art. 24, comma 7 della legge 241/1990.
Nel caso in esame è stata espressamente dichiarata la finalità difensiva dell’accesso ossia per “curare o (…) difendere i propri interessi giuridici”. Tale prerogativa è preclusa in ragione del fatto che è decorso il termine per impugnare sia la prima graduatoria che la seconda graduatoria consolidata. Per cui diventata inoppugnabile la sentenza allora non può più definirsi come concreto e diretto l’interesse alla domanda di accesso.
In conclusione, Il TAR per questi motivi ha dichiarato il ricorso inammissibile per acquiescenza.
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