È legittimo il diniego all’accesso al protocollo informatico dell’ente per ottenere le credenziali con e quali accedere, poi, a tutta la documentazione.
Questo il principio ribadito dal Consiglio di Stato con la sentenza del 3 febbraio 2022 n. 769.
La vicenda processuale e il diritto di accesso dei consiglieri comunali
Un consigliere comunale ha formulato istanza di accesso (ex art. 43 del d.lgs. n. 267/2000) con uso da remoto al sistema informatico comunale, in particolare al protocollo informatico ed al sistema informatico contabile con utilizzo di credenziali e password.
Il Comune ha negato l’accesso argomentando che:
- il diniego opposto al rilascio a favore del ricorrente di apposite chiavi di accesso per l’accesso da remoto al sistema informatico comunale non è in alcun modo volto ad ostacolare il diritto di accesso agli atti da parte del medesimo;
- la lata ampiezza dell’istanza formulata dal ricorrente in sede amministrativa (n.d.r. il ricorrente ha chiesto al Comune «l’accesso da postazione remota, tramite utilizzo di apposita password, al sistema informatico del Comune di Pinzano al Tagliamento in relazione a tutti gli uffici dello stesso ed in particolare al protocollo e al programma di contabilità»), diversa, per estensione, da quella qui azionata, è apparsa fuoriuscire dai limiti di un’istanza ex art. 43 d.lgs. n. 267/2000, apparendo, piuttosto, volta ad un controllo generalizzato da remoto degli atti di tutti gli uffici comunali.
Il Consigliere ha proposto un ricorso ex art. 116 del CPA (Rito in materia di accesso ai documenti amministrativi) per la dichiarazione di nullità e/o l’annullamento del diniego e rifiuto opposto dall’amministrazione in ordine alla sua richiesta di accesso da remoto al sistema informatico comunale, in particolare al protocollo informatico ed al sistema informatico contabile con utilizzo di credenziali e password.
Il Comune, dopo essersi costituitosi in giudizio, aveva sottolineato come il diniego opposto al rilascio a favore del ricorrente di apposite chiavi di accesso per l’accesso da remoto – a sua discrezione – al sistema informatico comunale non fosse in alcun modo volto ad ostacolare il diritto di accesso agli atti da parte del medesimo.
Per il Consiglio di Stato non è contesa la facoltà di accesso del consigliere comunale ad atti dell’amministrazione relativamente alla quale svolge il suo ufficio – facoltà ampiamente evidenziata dalla giurisprudenza amministrativa– ma l’ingresso senza più forma, riscontro e vaglio in una strumentazione digitale che continuativamente permetta l’accesso a tutti – nei sensi detti – gli atti dell’amministrazione.
Nel caso di specie, fermo il diritto di cui all’art. 43 comma 2 del TUEL, il quale prevede che: “I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato”, non sussisteva alcun diritto del consigliere di ottenere le specifiche credenziali di accesso da remoto al protocollo e al sistema informatico comunale / regionale.
Infatti, il diritto di accesso del consigliere non è illimitato, vista la sua potenziale pervasività e la capacità di interferenza con altri interessi primariamente tutelati.
Occorre così che un tale particolare accesso, per essere funzionalmente correlato al migliore svolgimento del mandato consiliare:
a) non incida sulle prerogative proprie degli altri organi comunali, a necessaria garanzia delle funzioni che a questi (il Sindaco e la Giunta) e non al Consiglio l’ordinamento attribuisce, nel quadro dell’assetto dell’ente;
b) non sia in contrasto con il principio costituzionale di razionalità e buon funzionamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.);
c) avvenga con modalità corrispondenti al livello di digitalizzazione della amministrazione (cfr. art. 2, comma 1, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82).
L’ente comunale interessato aveva altresì assicurato al consigliere comunale la messa a disposizione presso gli uffici dell’Ente di una postazione pc con accesso tramite utilizzo di apposite credenziali per la consultazione telematica delle notizie necessarie in ragione dell’esercizio delle sue funzioni.
La legittima posizione del Comune di non consentire l’accesso da remoto al sistema informatico dell’ente non deve quindi considerarsi come diniego di accesso, bensì come diniego di un’innovazione organizzativa radicale, che prescinde da singoli atti o documenti e che consiste nella disponibilità, da parte del consigliere comunale, delle credenziali di accesso alla documentazione digitale o digitalizzata di tutta l’attività amministrativa dell’ente territoriale tale da metterlo in condizione di avere immediato ingresso, a discrezione e senza una ragione particolare, a qualsivoglia – anche se allo stato indeterminato e indeterminabile – passato, presente o futuro atto o documento amministrativo contemplato dal sistema in discorso.
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