Il Decreto-Legge n. 127 del 2021, recante “ misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde covid-19” ,pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 settembre 2021, ha previsto l’estensione del c.d. “green pass” a tutti i lavoratori appartenenti al comparto pubblico e privato, inclusi i liberi professionisti e i collaboratori familiari, il possesso del green pass per accedere ai luoghi di lavoro a far data dal 15 ottobre 2021.
Gli obblighi per il datore di lavoro sia nell’ambito privato che pubblico
Gli articoli 1 e 3 del Decreto-Legge 21 n. 127 del 2021 prevedono che, a far data dal 15 ottobre 2021 e fino al termine dello stato di emergenza (31 dicembre 2021), è obbligatorio essere in possesso e mostrare su richiesta la c.d. certificazione verde Covid-19, sia nei luoghi di lavoro pubblici, che in quelli privati.
Spetta, dunque, al datore di lavoro organizzare l’attività e controllare che siano rispettate tutte le misure idonee ad assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro.
Il datore di lavoro può scegliere le modalità operative che meglio si adattano all’ambiente di lavoro nel quale opera. A tale proposito, l’art. 3 del decreto prevede che: “ove possibile i controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro”.
Varie potranno essere, quindi, le modalità prescelte per verificare il possesso del Green Pass da parte dei lavoratori. La tecnica operativa di screening terrà inevitabilmente conto dell’organizzazione aziendale e del numero dei dipendenti.
I datori di lavoro inadempienti sui controlli e che non hanno predisposto le modalità di verifica rischiano una sanzione da € 600,00 a € 1.500,00.
I lavoratori che comunicano di non avere la certificazione verde Covid-19 o che ne risultino privi al momento dell’accertamento sul luogo di lavoro, sono considerati assenti senza diritto alla retribuzione fino alla presentazione del certificato verde, mantenendo il diritto alla conservazione del posto di lavoro.
Per le aziende con meno di 15 dipendenti, è prevista una disciplina volta a consentire al datore di lavoro di sostituire temporaneamente il lavoratore privo di Green Pass.
Dopo il quinto giorno di mancata presentazione del green pass, il datore di lavoro potrà sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni.
Non è previsto, quindi, il licenziamento, ma la sola sostituzione temporanea.
Chi controlla il Green Pass?
I datori di lavoro devono individuare con un atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione per le eventuali violazioni.
I soggetti incaricati sono tenuti al rispetto della normativa privacy e quelli autorizzati a delegare la funzione della verifica delle certificazioni, dovranno avere cura di:
i) designare, mediante atto formale, gli addetti incaricati all’espletamento delle verifiche; tale designazione deve avvenire in conformità all’art. 2-quaterdecies del d.lgs. 196 del 2003 (c.d. “Codice della privacy”) che dispone: “Attribuzione di funzioni e compiti a soggetti designati” “Il titolare o il responsabile del trattamento possono prevedere, sotto la propria responsabilità e nell’ambito del proprio assetto organizzativo, che specifici compiti e funzioni connessi al trattamento di dati personali siano attribuiti a persone fisiche, espressamente designate, che operano sotto la loro autorità”.
ii) predisporre e consegnare agli incaricati delle istruzioni contenenti le indicazioni sulle modalità attraverso le quali devono materialmente svolgersi le operazioni di verifica dei Green Pass.
Gli addetti alla verifica possono svolgere quell’attività sulla base di uno specifico atto di incarico che dovrà essere necessariamente nominativo e redatto in forma scritta.
Nel dettaglio l’atto di nomina dovrà recare un esplicito riferimento al fatto che la delega ha ad oggetto l’attività di verifica delle certificazioni verdi Covid-19.
Infine, le istruzioni dovranno quindi evidenziare che i soggetti delegati alle verifiche sono autorizzati a chiedere il documento di identità e dovrebbero prevedere delle procedure di gestione nel caso in cui l’interessato, tenuto ad esibire il documento, si rifiuti di farlo ovvero contesti l’esito della verifica.
Posso conservare i dati contenuti nel Green Pass?
Il delegato all’attività di controllo dei Green Pass non può conservare alcuna copia della certificazione o dei documenti d’identità né registrare alcun dato personale dell’intestatario in quanto l’oggetto dell’attività di verifica riguarda unicamente il controllo “dell’autenticità, validità e integrità della certificazione, e conoscere le generalità dell’intestatario, senza rendere assumere o conservare alcuna informazione” (art. 13, comma 1, DPCM n. 143/2021).
Anche dal testo del Decreto-Legge n. 127 del 2021, non è desumibile la possibilità per il datore di lavoro di conservare (in maniera cartacea o elettronica) alcun dato contenuto nelle certificazioni verdi dei propri dipendenti, né – più semplicemente – di segnarsi su un foglio di carta chi è in regola o meno.
Ricordiamo che i dati contenuti nelle certificazioni verdi sono pur sempre dati personali, anche inerenti alla salute della persona e, come tali, considerati sensibili e il cui trattamento, inclusa l’eventuale conservazione, richiede, quindi, l’individuazione di una corretta base giuridica ai sensi del GDPR.
Al datore di lavoro è, quindi, consentita la sola verifica (al momento dell’accesso nel luogo di lavoro ovvero a campione) del possesso della certificazione verde da parte del dipendente.
Il datore di lavoro nel protocollo dovrò delineare le politiche e le modalità del controllo.
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