Un’indagine penale per corruzione a carico del legale rappresentante di una società che si è aggiudicata un appalto deve essere valutata obbligatoriamente dalla stazione appaltante, anche se sopravvenuta nel corso della gara, e può costituire un grave illecito professionale tale da determinare l’esclusione dell’operatore economico.
Così ha stabilito l’Anac nella delibera n.146 del 30 marzo 2022.
I fatti
Un consorzio ha contestato l’aggiudicazione – in favore di un altro partecipante alla procedura – dei lavori per la ricostruzione dell’edificio scolastico di un comune del beneventano. Il consorzio ha esposto di aver appreso dalla stampa locale che, nel corso della procedura di gara in questione, il legale rappresentante nonché socio di maggioranza della società aggiudicataria è stato destinatario di una misura cautelare interdittiva (divieto temporaneo di contrattare con la Pubblica Amministrazione) per responsabilità amministrativa da reato, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del D.lgs. 231/2001.
Il D.lgs. n. 231/2001, disciplina la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300.
In particolare, la sanzione è stata pronunciata in relazione ad una pregressa gara d’appalto, per ipotesi di concorso nel reato di corruzione aggravata (110 (pena per coloro che concorrono nel reato), 319 ( corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio), 319-bis ( circostanze aggravanti per corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio) e 321 ( pena per il corruttore)c.p.).
Tali circostanze, sebbene astrattamente integranti fattispecie di “grave illecito professionale” in capo all’operatore economico aggiudicatario, non sono state valutate in concreto dalla stazione appaltante, la quale si è limitata a comunicare all’istante che si tratterebbe di richieste che “esulano da competenze ad essa attribuite, pertanto (…) non ritiene di dover fornire alcun chiarimento in merito”.
La decisione di ANAC
L’Autorità, accogliendo l’istanza ha dato ragione al consorzio che ha presentato l’istanza ricordando che i requisiti generali e speciali di partecipazione alla gara devono essere posseduti dai concorrenti, non solo alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, ma per tutta la durata della procedura fino alla stipula del contratto e per tutto il periodo di esecuzione “senza soluzione di continuità”. Ai sensi dell’art. 32, comma 7, del Codice dei contratti pubblici, la stazione appaltante ha l’obbligo di verificare il possesso continuativo dei requisiti di partecipazione dopo l’aggiudicazione, atteso che l’esito positivo di tale verifica condiziona l’efficacia del medesimo provvedimento di aggiudicazione e, dunque, incide sulla possibilità di stipulare o meno il contratto.
Spetta alla stazione appaltante l’obbligo di verificare che il possesso di tali requisiti sia continuativo perché, secondo quanto stabilito dall’articolo 80 comma 5 lettera c) del codice appalti, la stessa stazione appaltante esclude dalla gara un operatore economico colpevole di “gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.
Per l’autorità la pendenza di indagini penali o rinvii a giudizio del legale rappresentante della società aggiudicataria non [integra?] causa una esclusione automatica dell’operatore economico ma la mancata comunicazione da parte del concorrente dei carichi pendenti può essere valutata dalla stazione appaltante come grave illecito professionale e determinarne quindi l’esclusione.
Nel caso specifico, secondo l’Autorità, l’operatore economico aveva l’obbligo di informare la stazione appaltante circa le indagini penali sopravvenute in corso di gara perché queste riguardavano reati di corruzione nell’ambito di un’altra gara di appalto di un altro comune ma della stessa provincia.
Infine, l’Autorità ritiene che le misure di self-cleaning indicate dalla Società (rimozione dall’incarico dell’indagato, nomina di un professionista esterno e istituzione di un organismo di vigilanza) siano ininfluenti rispetto alla gara contestata.
Costituisce principio ormai consolidato quello in base al quale le misure di self-cleaning abbiano rilevanza pro-futuro, relativamente alle gare indette successivamente alla loro adozione (o comunque non oltre il termine fissato per la presentazione delle offerte, secondo quanto chiarito dalle Linee Guida Anac n. 6), pena la violazione della par condicio.
È stato, infatti, precisato che: “solo dopo l’adozione delle stesse la stazione appaltante può, infatti, essere ritenuta al riparo dalla ripetizione di pratiche scorrette ad opera degli stessi organi sociali, posto che l’atto sanzionatorio remunera una condotta ormai perfezionata in ogni elemento (Cons. Stato, n. 5659/2021 cit.; Id., sez. V, 6 aprile 2020, n. 2260; Id., 24 gennaio 2019, n. 598; TAR Lazio, Roma, sez. II, 2 marzo 2018, n. 239).”
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